Vi sono reperti archeologici che meglio di ogni altra cosa riescono a descrivere la vocazione di un territorio.

Un esempio è dato da una piccola lamina di piombo arrotolata, la Plaga Mesopotamium, custodita nel Museo archeologico di Siracusa. Tale documento, scoperto nei pressi dell’antico insediamento dorico di Kamarina, riferisce della compravendita di un vigneto esteso circa un ettaro: un vero e proprio atto notarile di vendita di un terreno la cui compratrice era una donna proprietaria di una rivendita di vino. Era il III secolo a.C.. Si tratta della più antica testimonianza della coltura della vite nel ragusano, la prima traccia che ne testimonia la vocazione vitivinicola. Questo territorio, sito nell’estrema punta meridionale della Sicilia, da sempre ha offerto grandi vini, in particolare nell’area di Vittoria, città che vanta una fiorente attività vinicola sin dall’800.

Era l’epoca in cui da Scoglitti (scalo commerciale marittimo di Vittoria) prendevano la via del mare velieri carichi di centinaia di botti. In poco tempo il vino conquistò i mercati italiani, francesi, inglesi e tedeschi. Le stesse cronache del giugno del 1885 narrano della florida attività di esportazione del vino verso il mercato di Marsiglia e di come 1500 carri agricoli trasportassero ogni giorno a Scoglitti i barili da stivare sui velieri ancorati a largo.

Lungo il tragitto che collegava Catania a Kamarina, passando attraverso Lentini, Caltagirone, Acate, Vittoria ed infine Comiso, sono ancora evidenti le tracce di una attività vitivinicola costituita da palmenti, fondaci per le soste, fornaci per la costruzione di anfore da vino (Caltagirone), per arrivare quindi a Kamarina che col suo porto d’imbarco era lo sbocco naturale di questi commerci provenienti dalla parte sud dell’Isola: da qui veniva esportato il famoso “Mesopotamium”, vino prodotto tra i fiumi Ippari e Dirillo, le cui tracce sono visibili nella monetazione di Kamarina e nelle anfore scoperte tra gli scavi di Pompei e Cartagine recanti la scritta ME e MES ad indicarne la provenienza, più precisamente dal “Mesopotamium”.

Inoltre, altra prova evidente di questa economia basata sulla produzione di vino si ha nel museo archeologico di Kamarina ed è costituita dal ritrovamento di numerose anfore vinarie nei fondali del mare antistante.
Insomma, una cultura antica della vite che ancor oggi è custodita nelle tante testimonianze architettoniche presenti all’interno del Castello dei Conti di Modica e nella Basilica di San Giovanni Battista: entrambi ricchi di decori raffiguranti la vite. La fondatrice stessa di Vittoria (1607), Vittoria Colonna Henriquez, vedova del conte di Modica, cugino del Re di Spagna, incentivava la produzione del vino concedendo privilegi a coloro che avessero piantato vigne: in quell’anno regalò ai primi 75 coloni un ettaro di terreno a condizione che ne coltivassero un altro a vigneto, favorendo così un’enorme espansione del vigneto nelle varie contrade e in pochi anni il vino prodotto in questa zona divenne un fatto economico rilevante, valorizzando la naturale fertilità del territorio.

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